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13 Reasons Why: come il nostro comportamento uccide chi ci sta intorno.

Nonostante l'università mi risucchi l'anima e la vita, sono riuscita a trovare un po' di tempo per tenermi al passo coi tempi e guardare "13 Reasons Why", serie Netflix ispirata all'omonimo libro che ha spopolato sul web nelle ultime settimane.


13 Reasons Why è composta da tredici episodi che vogliono raccontare le vicende che hanno portato Hannah Baker, protagonista di questa storia, alla decisione di porre fine alla sua vita a soli 17 anni. L'espediente utilizzato è quelle delle vecchie audio cassette, su cui Hannah registra i 13 motivi che l'hanno portata al suicidio. Tanto si è discusso sui temi che la serie tratta, primo di tutti ovviamente quello del suicidio, ma penso che si possa andare anche oltre a questo. Gli autori hanno fatto delle scelte ben precise, decidendo di non mettere veli e di mostrare la nuda e cruda realtà che alcuni adolescenti si ritrovano ad affrontare.
In America il suicidio è al secondo posto tra le cause di morte degli adolescenti, quindi è forse giunto il momento di fare qualcosa e di capire perché si è arrivati a questo punto.


Procediamo con ordine, perché gli argomenti introdotti durante i vari episodi sono tanti. Alla base di tutto ritengo che ci sia la difficoltà di essere un adolescente, e la difficoltà da parte degli adolescenti di sentirsi compresi e capiti dagli altri. Il liceo è quel luogo in cui tutti noi viviamo per degli anni, in convivenza forzata con persone diverse da noi. E' un ambiente misto, c'è chi si adatta subito e riesce facilmente a comunicare con gli altri, c'è chi è più timido ma ha la fortuna di trovare qualcuno con gli stessi interessi, c'è chi ha bisogno di essere spronato per mostrare la propria personalità. C'è anche chi, per un motivo o per un altro, non riesce ad integrarsi con i suoi coetanei, e per quanto ci provi si ritrova spesso da solo, in compagnia solo dei suoi pensieri. Ammettiamolo, gli anni del liceo non sono facili per chiunque, non tutti possono dire di aver lasciato tra quelle mura dei bei ricordi. Fortunatamente io rientro nella categoria di chi, seppur timido, in qualche modo riesce a crearsi un piccolo gruppo con cui confidarsi e passare del tempo, su cui fare affidamento, ma non mi risulta difficile comprendere le difficoltà vissute da chi invece non riesce a farsi notare. Forse perché anche io a volte mi sento un po' fuori luogo, anche tra le persone che mi vogliono bene. I sentimenti e i pensieri umani sono un qualcosa di molto complesso, non potremo mai sapere cosa veramente stia pensando la persona che ci sta di fronte. E l'adolescenza è proprio quel periodo in cui la testa ribolle di pensieri di ogni tipo, e non a tutti interessa cosa stiano attraversando gli altri. E' proprio questo quello che accade ad Hannah Baker, una ragazza come le altre che per un cattivo scherzo si ritrova additata a "ragazza facile", non riuscendo più ad allontanare questa etichetta. A questo evento ne succedono altri, via via più gravi, che portano Hannah ad una sofferenza tale nei confronti di ciò che la circonda da decidere di porre fine alla sua vita.


Inizialmente i motivi che hanno portato la ragazza a questa tragica decisione sembrano quasi delle inezie, delle cose da ragazzi che sì, incidono negativamente sulla vita di una persona, ma non ti portano al suicidio. Secondo il mio parere in più occasioni Hannah, che sembra una ragazza molto sveglia e dalla risposta sempre pronta, avrebbe potuto agire diversamente e difendersi con più forza. E' vero, non possiamo sapere cosa passa per la testa di un'altra persona, ma un modo per reagire bisogna trovarlo, sopratutto se la motivazione del tuo malessere non è poi così grave. D'altronde Hannah un amico (e potenzialmente qualcosa di più) ce l'ha, Clay Jensen, ma sceglie di non confidarsi con lui, sceglie di sentirsi giudicata anche se magari non è così. Inizialmente prova ad aprirsi con qualcuno, ma basta un gesto per farla chiudere a riccio e farle pensare che qualsiasi cosa è destinata ad andare male per lei. Anche quando prova a chiedere spiegazioni per il comportamento degli altri non insiste più di tanto per ottenere una risposta, lascia correre e preferisce tenersi tutto dentro, cominciando ad essere lei ad allontanare gli altri. 


Le cose cambiano a partire dall'episodio numero 9, in cui si finisce di parlare di bullismo e si inizia a parlare di cose ancor più viscerali. Un episodio dietro l'altro si scoprono delle verità tragiche, dei segreti con cui questi ragazzi convivono e con cui si ritrova a convivere anche Hannah. Qui si trova secondo me il punto debole della serie: il passaggio tra il racconto di eventi legati ad un atto di bullismo e quello di eventi legati invece ad atti di violenza vera e propria, estranea dal contesto scolastico, non è graduale. La serie effettivamente non vuole parlare del bullismo come causa di malessere per molti adolescenti, vuole parlare di come Hannah Baker non riesca più a trovare un senso alla sua vita e decida quindi di porvi fine. I primi episodi però ci immergono in un contesto in cui Hannah si ritrova ad essere derisa e messa da parte a causa proprio di uno scherzo stupido, mostrandoci come il termine bullismo vada oltre il semplice attacco fisico ma nella maggior parte dei casi colpisce a livello emotivo e psicologico. Chi guarda inizia a pensare che Hannah si sia uccisa per questo, per l'indifferenza dei compagni nei suoi confronti e l'assenza di qualcuno capace di comprendere il suo disagio e guardare oltre le apparenze. Da notare che noi vediamo solo quello che succede, non ci è mostrato cosa effettivamente la ragazza faccia nel tempo libero e come provi a farsi degli amici. La maggior parte delle cose sono presentate dal suo punto di vista, quindi non è possibile conoscere del tutto la verità. Viene anche instaurata una causa tra la scuola e i genitori di Hannah, che non riescono a trovare una spiegazione nel gesto della figlia e la cercano nella mancata attenzione da parte di chi di dovere al comportamento dei ragazzi.


A un certo punto qualcosa cambia, e ci vengono mostrate delle scene molto più forti rispetto a quelle in cui vediamo Hannah presa di mira da alcuni compagni o presa in giro nei corridoi. Capiamo le motivazioni più profonde che hanno portato Hannah alla decisione finale, e la scelta degli autori di far vedere tutto senza censure turba lo spettatore. Ovviamente lo scopo è proprio questo: turbare lo spettatore affinché sia costretto a riflettere su ciò che ha appena visto, e su come ogni piccolo gesto possa incidere sulla vita di un'altra persona. E' proprio a causa di tanti piccoli gesti che Hannah per quasi due anni si è sentita sola, arrivando a pensare di non avere nessuno scopo nella vita e di non importare neanche ai suoi genitori, ai quali non lascia nessun messaggio. Nessuno si accorge del suo malessere, neanche chi le sta accanto ogni giorno. Poi accade qualcosa che porta Hannah a pensare che tutto questo dolore debba finire, che il mondo è troppo cattivo per continuare a viverci,  considerato che nessuno è in grado di dare un mano a chi ne ha bisogno. L'errore secondo me sta nella premessa: Hannah ci dice che racconterà di cosa le è stato fatto (e da chi) per farla sentire come se niente potesse più essere salvato. Fin qui va bene. Il problema sta nel fatto che dagli scherzi tra adolescenti si passa a tematiche ancora più complessi, come l'illegalità sulla strada o la violenza nei confronti di altre persone. Personalmente avrei ritenuto necessaria una premessa più chiara, qualcosa che ci mettesse fin dal principio in grado di guardare con un'attenzione più profonda ciò che accadeva ad Hannah, sapendo che non sarebbero bastati degli scherzi o delle piccole cattiverie per porre fine alla sua vita. Avrei preferito che questo fosse stato posto in chiaro fin dall'inizio, per rendere più coerente la logica degli eventi.


Anche gli adulti hanno un loro ruolo nella decisione presa dalla ragazza, in particolare alla fine della serie. Come tutti gli adolescenti, Hannah cerca la protezione di chi ha più anni e più esperienza di lei, è convinta che gli adulti siano in qualche modo in dovere di rendersi conto del suo malessere. E Hannah ha ragione, sono gli adulti che hanno la responsabilità dei figli o, nel caso di chi lavora all'interno della scuola, degli studenti. Gli adolescenti non sono ancora delle persone pienamente formate, necessitano di un supporto e di una guida che li aiuti a non perdersi nella confusione che attraversano durante la transizione tra l'infanzia e l'età adulta. Purtroppo però non sempre è così, anche "i grandi" vengono travolti dalla vita e dalla routine quotidiana, non rendendosi conto delle richieste d'aiuto di chi gli sta vicino. Non c'è un'educazione per questo, nessuno insegna a chiedere aiuto così come nessuno insegna a riconoscere i campanelli d'allarme in chi di aiuto ne ha bisogno ma non ha il coraggio di chiederlo. Su questo vuole fare riflettere la serie, sulla nostra incapacità di guardare oltre i nostri bisogni e di pensare come i nostri comportamenti spesso egoisti possano infierire sull'animo di qualcun altro.


Farei vedere questa serie nelle scuole? Non saprei. Da un lato direi di sì perché a livello educativo vuole mostrare come i nostri comportamenti talvolta possano influire negativamente sugli altri; dall'altro lato dire di no perché alla fine della serie si arriva a parlare di tematiche abbastanza estreme e rappresentate in maniera molto forte, e credo che questo per qualcuno possa anche essere controproducente. I ragazzi tendono ad emulare ciò che vedono sullo schermo, grande o piccolo che sia, e in questa serie sono presenti delle rappresentazioni grafiche di eventi particolari a cui non tutti possono assistere senza restarne turbati.

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